Saimon Fog
Il mio nome è Saimon Fog e sono un barbone.
Si avete capito bene!!
Sono
un barbone, ma non nel senso che ho la barba lunga, anche se in effetti
c'è l'ho, ma nel senso che sono un senza tetto, un girovago senza casa o
futuro.
Ho trentadue anni ma ne dimostro almeno quaranta. La barba e
i capelli lunghi, i vestiti stracciati e la puzza sono i miei compagni
di viaggio.
Come mi sono ridotto così? Il gioco e l'alcool. Loro sono stati i miei demoni.
E pensare che sono il figlio di un grande manager.
O perlomeno, sarebbe più giusto dire ero il figlio di un grande manager.
Lui mi ha ripudiato, respinto, cancellato il mio nome dal suo cuore.
Dovrei odiarlo per questo... ma non posso dargli torto.
Avevo tutto, compreso una bella moglie, ma ho perso tutto.
Come ci si fa a ridurre così? A volte me lo chiedo anch'io.
E' iniziato tutto, tanti anni fa quando preso dalla smania del gioco iniziai a frequentare le sale di Las Vegas.
Le luci, le donne e soprattutto l'alcol che scorreva a fiumi mi inebriarono e avido non riuscii più a rinunciarci.
Prima persi tutti i soldi al gioco e poi mi vendetti tutto quello che possedevo sotto gli occhi disperati di mia moglie.
A corto di denaro, stretto nella morsa ferrea degli strozzini, mi rivolsi a mio padre in lacrime.
Lui mi ricevette nel suo grande studio ed ebbe pietà di me.
Mi offrì un nuovo lavoro, pagò i miei debiti, mi regalò soldi e una bella casa.
Avrei
dovuto benedire il Signore e baciare i piedi a mio padre dove passava,
ringraziando di avere una nuova possibilità...... ma non lo feci.
Tornai
a Las Vegas e mi diedi alla pazza gioia. Le prostitute facevano la coda
per soddisfarmi, mentre ubriaco mi giocavo nuovamente tutto.
“Il lupo perde il pelo ma non il vizio” mi disse mia madre affranta quando mi venne a trovare all'ospedale.
Mi avevano picchiato. Non avevo pagato i debiti di gioco e loro si erano vendicati.
Ancora una volta mio padre saldò i miei debiti e poi mi chiamò nel suo studio.
“Ti
voglio bene Saimon ma tu non ne vuoi nemmeno a te stesso. Non ti
importa nulla di noi o di tua moglie. Per cui questa è l'ultima volta
che intendo aiutarti. Non bussare più a questa porta e dimenticati di
noi”
Rimasi colpito dalle sue parole, e le schedine delle corse ai cavalli che avevo in tasca iniziarono a bruciare.
Ma aveva ragione. Sono una mela marcia ed è giusto che come tale stia nella spazzatura.
Persi
nuovamente il lavoro in banca a causa del furto che avevo fatto per
saldare alcuni debiti e mia moglie esasperata mi abbandonò al mio
destino.
Non posso ne piangerla, ne biasimarla ha avuto fin troppa pazienza con me.
Ma io sono quel che sono e finisco sempre per ferire chi mi sta vicino.
Senza
lavoro dovetti anche lasciare la casa e senza più nulla iniziai a
vagare sopravvivendo di piccoli furti e della carità delle persone.
Forse
se potessi tornerei indietro e cambierei la mia vita, ma non si può
rimediare ai propri errori ed ora sono solo un misero straccione evitato
da tutti.
Neanche la polizia sa della mia esistenza, come i topi sto
nascosto di giorno cercando di evitare la gente. Odio i loro sguardi di
superiorità o di commiserazione.
La notte invece è mia. Esco e giro.
Frequento alcuni che sono degli sventurati come me, ma di loro non so
nemmeno il nome come loro non sanno il mio.
Sono una piaga della società, un essere disperato e dimenticato da tutti ....persino da Dio.
Era Venerdì pomeriggio e faceva caldo.
A San Francisco fa sempre abbastanza caldo, ma quel pomeriggio l'umidità era soffocante.
Stavo smaltendo la sbornia quando i miei occhi si aprirono increduli.
Dormivo in quel vicolo da due settimane ormai e quasi nessuno passava di lì. Spesso solo i gatti mi facevano compagnia.
Eppure stava venendo verso di me una creatura magnifica.
Aveva
i capelli lunghi e tirati su in una bellissima acconciatura. Il
collo lungo e affusolato era coperto da una sciarpa di seta rossa.
Anche il vestito era rosso. Un tailleur di lino rosso sangue che metteva
in risalto una corporatura da urlo. La minigonna esaltava le lunghe
gambe bianche che terminavano in un paio di scarpe con i tacchi a spillo
rosse anch'esse.
Era l'eleganza fatta a persona.
Rimasi lì fermo a guardarla aspettandomi che alla mia vista fuggisse lontano.
Ma lei non lo fece, mi puntò dritto e mi sorrise. Il sorriso più bello che avessi mai visto.
La
guardai imbambolato incapace di muovermi mentre lei mi passava affianco
con noncuranza, come se fosse la cosa più naturale del mondo che io
fossi lì.
Passò e iniziò ad allontanarsi sempre con i miei occhi incatenati a lei.
Ero lì come un fesso quando una busta le scivolò dalla cartellina che aveva in mano.
Senza pensarci le corsi dietro presi la busta in mano e la chiamai.
“Signorina! Ha perso questa” gridai sventolando la busta.
Lei si voltò appena mi sorrise e sparì dietro l'angolo.
Rimasi
un attimo inebetito con la busta in mano. Mi stavo chiedendo se mi
aveva visto, se mi aveva sentito. Poi le corsi dietro. Volevo
restituirgliela. Non perché fossi un brav'uomo ma perché volevo che mi
sorridesse ancora.
Mi affacciai ma nulla, era sparita.
Sospirai e mi portai la busta al naso, sembrava profumata. Il suo profumo.
L'aprii sperando di trovare un indirizzo e quello che mi cadde fra le mani mi lasciò inebetito.
Soldi, parecchi soldi scivolarono fuori dalla busta assieme ad un cartoncino ripiegato.
“Benvenuti a Volterra” recitava.
Lo
aprii e curioso iniziai a leggere. Era la pubblicità di un viaggio. Per
un attimo sognai ad occhi aperti di poter partire, di poter dimenticare
chi ero. Poi mi resi conto che i soldi contenuti nella busta erano più
che sufficienti a pagare il viaggio e a comprarmi tutto il necessario.
Scossi
la testa. Potevo usarli per vivere, mi sarebbero bastati per vivere
bene almeno cinque mesi, ma la tentazione di cambiare aria o più
semplicemente di rivedere quell'angelo mi spinsero ad entrare nella
cabina telefonica. Tirai fuori dalle tasche poche monetine che avevo
ricevuto in elemosina quella mattina e telefonai.
“Buongiorno, in cosa posso esserle utile?? Il mio nome è Haidy” mi rispose una voce calda e cristallina.
Non mi feci pregare due volte e prenotai il viaggio dei miei sogni.
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