mercoledì 8 maggio 2013

Capitolo 3

Saimon Fog


Il mio nome è Saimon Fog e sono un barbone.
Si avete capito bene!!
Sono un barbone, ma non nel senso che ho la barba lunga, anche se in effetti c'è l'ho, ma nel senso che sono un senza tetto, un girovago senza casa o futuro.
Ho trentadue anni ma ne dimostro almeno quaranta. La barba e i capelli lunghi, i vestiti stracciati e la puzza sono i miei compagni di viaggio.
Come mi sono ridotto così? Il gioco e l'alcool. Loro sono stati i miei demoni.
E pensare che sono il figlio di un grande manager.
O perlomeno, sarebbe più giusto dire ero il figlio di un grande manager.
Lui mi ha ripudiato, respinto, cancellato il mio nome dal suo cuore.
Dovrei odiarlo per questo... ma non posso dargli torto.
Avevo tutto, compreso una bella moglie, ma ho perso tutto.
Come ci si fa a ridurre così? A volte me lo chiedo anch'io.
E' iniziato tutto, tanti anni fa quando preso dalla smania del gioco iniziai a frequentare le sale di Las Vegas.
Le luci, le donne e soprattutto l'alcol che scorreva a fiumi mi inebriarono e avido non riuscii più a rinunciarci.
Prima persi tutti i soldi al gioco e poi mi vendetti tutto quello che possedevo sotto gli occhi disperati di mia moglie.
A corto di denaro, stretto nella morsa ferrea degli strozzini, mi rivolsi a mio padre in lacrime.
Lui mi ricevette nel suo grande studio ed ebbe pietà di me.
Mi offrì un nuovo lavoro, pagò i miei debiti, mi regalò soldi e una bella casa.
Avrei dovuto benedire il Signore e baciare i piedi a mio padre dove passava, ringraziando di avere una nuova possibilità...... ma non lo feci.
Tornai a Las Vegas e mi diedi alla pazza gioia. Le prostitute facevano la coda per soddisfarmi, mentre ubriaco mi giocavo nuovamente tutto.
“Il lupo perde il pelo ma non il vizio” mi disse mia madre affranta quando mi venne a trovare all'ospedale.
Mi avevano picchiato. Non avevo pagato i debiti di gioco e loro si erano vendicati.
Ancora una volta mio padre saldò i miei debiti e poi mi chiamò nel suo studio.
“Ti voglio bene Saimon ma tu non ne vuoi nemmeno a te stesso. Non ti importa nulla di noi o di tua moglie. Per cui questa è l'ultima volta che intendo aiutarti. Non bussare più a questa porta e dimenticati di noi”
Rimasi colpito dalle sue parole, e le schedine delle corse ai cavalli che avevo in tasca iniziarono a bruciare.
Ma aveva ragione. Sono una mela marcia ed è giusto che come tale stia nella spazzatura.
Persi nuovamente il lavoro in banca a causa del furto che avevo fatto per saldare alcuni debiti e mia moglie esasperata mi abbandonò al mio destino.
Non posso ne piangerla, ne biasimarla ha avuto fin troppa pazienza con me.
Ma io sono quel che sono e finisco sempre per ferire chi mi sta vicino.
Senza lavoro dovetti anche lasciare la casa e senza più nulla iniziai a vagare sopravvivendo di piccoli furti e della carità delle persone.
Forse se potessi tornerei indietro e cambierei la mia vita, ma non si può rimediare ai propri errori ed ora sono solo un misero straccione evitato da tutti.
Neanche la polizia sa della mia esistenza, come i topi sto nascosto di giorno cercando di evitare la gente. Odio i loro sguardi di superiorità o di commiserazione.
La notte invece è mia. Esco e giro. Frequento alcuni che sono degli sventurati come me, ma di loro non so nemmeno il nome come loro non sanno il mio.
Sono una piaga della società, un essere disperato e dimenticato da tutti ....persino da Dio.

Era Venerdì pomeriggio e faceva caldo.
A San Francisco fa sempre abbastanza caldo, ma quel pomeriggio l'umidità era soffocante.
Stavo smaltendo la sbornia quando i miei occhi si aprirono increduli.
Dormivo in quel vicolo da due settimane ormai e quasi nessuno passava di lì. Spesso solo i gatti mi facevano compagnia.
Eppure stava venendo verso di me una creatura magnifica.
Aveva i capelli lunghi e tirati su in una bellissima acconciatura. Il collo lungo e affusolato era coperto da una sciarpa di seta rossa. Anche il vestito era rosso. Un tailleur di lino rosso sangue che metteva in risalto una corporatura da urlo. La minigonna esaltava le lunghe gambe bianche che terminavano in un paio di scarpe con i tacchi a spillo rosse anch'esse.
Era l'eleganza fatta a persona.
Rimasi lì fermo a guardarla aspettandomi che alla mia vista fuggisse lontano.
Ma lei non lo fece, mi puntò dritto e mi sorrise. Il sorriso più bello che avessi mai visto.
La guardai imbambolato incapace di muovermi mentre lei mi passava affianco con noncuranza, come se fosse la cosa più naturale del mondo che io fossi lì.
Passò e iniziò ad allontanarsi sempre con i miei occhi incatenati a lei.
Ero lì come un fesso quando una busta le scivolò dalla cartellina che aveva in mano.
Senza pensarci le corsi dietro presi la busta in mano e la chiamai.
“Signorina! Ha perso questa” gridai sventolando la busta.
Lei si voltò appena mi sorrise e sparì dietro l'angolo.
Rimasi un attimo inebetito con la busta in mano. Mi stavo chiedendo se mi aveva visto, se mi aveva sentito. Poi le corsi dietro. Volevo restituirgliela. Non perché fossi un brav'uomo ma perché volevo che mi sorridesse ancora.
Mi affacciai ma nulla, era sparita.
Sospirai e mi portai la busta al naso, sembrava profumata. Il suo profumo.
L'aprii sperando di trovare un indirizzo e quello che mi cadde fra le mani mi lasciò inebetito.
Soldi, parecchi soldi scivolarono fuori dalla busta assieme ad un cartoncino ripiegato.
“Benvenuti a Volterra” recitava.
Lo aprii e curioso iniziai a leggere. Era la pubblicità di un viaggio. Per un attimo sognai ad occhi aperti di poter partire, di poter dimenticare chi ero. Poi mi resi conto che i soldi contenuti nella busta erano più che sufficienti a pagare il viaggio e a comprarmi tutto il necessario.
Scossi la testa. Potevo usarli per vivere, mi sarebbero bastati per vivere bene almeno cinque mesi, ma la tentazione di cambiare aria o più semplicemente di rivedere quell'angelo mi spinsero ad entrare nella cabina telefonica. Tirai fuori dalle tasche poche monetine che avevo ricevuto in elemosina quella mattina e telefonai.
“Buongiorno, in cosa posso esserle utile?? Il mio nome è Haidy” mi rispose una voce calda e cristallina.
Non mi feci pregare due volte e prenotai il viaggio dei miei sogni.

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